Fin dal 1999, il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La data fu scelta in ricordo del brutale assassinio avvenuto nel 1960 delle tre sorelle Mirabal nella Repubblica Dominicana sotto la durissima dittatura di Trujillo. Mentre si recavano a visitare i loro mariti in prigione per motivi politici, il 25 novembre 1960, le donne furono catturate, torturate, uccise, e gettate con la loro auto in un burrone da agenti del servizio di informazione militare. La loro colpa, e quella dei loro mariti, era stata l’opposizione attiva al regime di Trujillo.
Ogni giorno i media, non solo nazionali, trasmettono notizie che riguardano casi di violenze di ogni genere, se non addirittura di morti, che riguardano le donne.
Purtroppo dati impressionanti arrivano anche dai Centri antiviolenza (CAV) della regione Marche nell’anno 2015: spesso quando sentiamo parlare di femminicidio o di violenze sulle donne percepiamo il problema come lontano o qualcosa che non potrà mai intaccare il nostro vivere quotidiano, mentre spesso nel silenzio e nella riservatezza delle case a noi vicine si consumano tragedie di ogni tipo. Il CAV denuncia in tutta la regione 392 contatti di cui il numero più alto, 117, provengono dalla nostra provincia di Pesaro e Urbino.
Le Acli nazionali hanno deciso di lanciare una campagna sui maggiori social network, ogni membro della presidenza nazionale ha deciso di denunciare questo fenomeno mettendoci la faccia come testimonial di qualcosa che deve essere cambiato.
«La violenza contro le donne, dallo stalking al femminicidio, è una questione che riguarda tutti. Non è una questione solo femminile ma un tema cruciale di cui le donne e soprattutto gli uomini si devono far carico», così è intervenuto il presidente nazionale delle Acli Roberto Rossini in questa occasione.
Quello della violenza sulle donne è un fenomeno che riguarda tutti, che dovrebbe interpellare le coscienze di ognuno di noi, senza scadere nell’indifferenza o nell’individualismo.
Probabilmente la miglior forma di “prevenzione” di questo fenomeno è quella di sensibilizzarci e di sensibilizzare le persone che frequentiamo ogni giorno e non “tapparci le orecchie e gli occhi” ogni volta che percepiamo una situazione di pericolo per una donna. La miglior “cura” invece potrebbe essere la vicinanza e la solidarietà tra le persone.