Essere Acli per noi vuol dire declinare nella quotidianità lavorativa, familiare , associativa gli alti valori come il rispetto della legalita’, rispetto della persona, apertura e rispetto dell’Altro, del diverso e dell’emarginato, senza lasciare nessuno indietro.
Il mondo associativo è una palestra incredibile dove allenarsi al rispetto di questi principi.
LA STORIA
Video “Ancora un grande compito”
28 agosto 1944: nascono le Acli
“L’idea delle Acli, non il nome, nacque nella mente e nel cuore di Achille Grandi insieme con l’idea dell’unità sindacale e ne fu una conseguenza”.
L’affermazione perentoria è di monsignor Luigi Civardi, il primo assistente ecclesiastico delle Acli. Alle origini delle Acli c’è, dunque, il Patto di Roma del 12 giugno 1944, che da vita alla Cgil unitaria.
Achille Grandi, firmando il patto di unità sindacale, allega contestualmente una dichiarazione della corrente democratico-cristiana in cui tra l’altro è scritto che l’esistenza del sindacato unitario non esclude che i lavoratori si organizzino in associazioni libere e private per scopi educativi, politici, assistenziali, ricreativi ed in altre opere di carattere cooperativo e professionale.
Sono prefigurati in questa frase ruolo e compiti delle future Acli.
L’acronimo – che sciolto rinvia a Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani – è un’invenzione di Vittorino Veronese e si rivela innovativo nella scelta dell’aggettivo cristiano, invece che cattolico e nel termine associazione declinato al plurale (perché le associazioni cristiane riguardano i lavoratori delle varie categorie: dell’agricoltura, dell’industria, dell’artigianato e del commercio).
Nei mesi di giugno e luglio del 1944 si tengono tre incontri finalizzati a rendere operativo il progetto di costituzione delle future Acli, in cui sono abbozzate le linee statutarie e prefigurate le forme organizzative del movimento.
Il progetto maturato nel gruppo di studio era assai ambizioso. Puntava, infatti, a un movimento completo e specializzato, dove i lavoratori potessero trovare risposta a tutti i loro bisogni, dalla formazione spirituale all’assistenza sociale, all’abilitazione sindacale (in Giuseppe Pasini, Le Acli delle origini, Coines, 1974).
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Fonte: www.acli.it
da: le acli nelle marche, materiali per una storia, a cura di Marco Moroni, ed. affinità elettive, 2005, pag 132-144
Le storie Provinciali: Pesaro e Urbino
Dall’Azione Cattolica alle ACLI
L’iniziale debolezza organizzativa
Le principali attività
I servizi
La fase del consolidamento
Gli anni delle scissioni
La ripresa
La fase più recente
Fonti e bibliografia
Dall’Azione Cattolica alle ACLI
Nel processo di formazione del gruppo promotore delle ACLI, anche a Pesaro, come in altre realtà provinciali, è evidente il legame con l’Azione Cattolica. Dall’Azione Cattolica certamente proviene il primo presidente provinciale, Ennio De Biagi che subito, a Pesaro, diventa uno dei punti di riferimento della corrente sindacale cristiana, all’intento del sindacato unitario; all’Azione Cattolica si rivolgono i vescovi delle varie diocesi per reperire il sostegno necessario per dar vita ai primi nuclei della nuova Associazione.
Emblematico il caso del Circolo “Pio XII” di Urbania, narrato da monsignor Corrado Leonardi. Con ogni probabilità si tratta del primo Circolo della provincia perché viene fondato il 2 aprile 1945 e per esplicita iniziativa del vescovo Giovanni Capobianco; fu il vescovo a convocare un’assemblea di lavoratori, alla quale parteciparono anche il comendator Giovanni Carrara e il sindaco Adolfo Carloni; il Circolo, dedicato a Pio XII, il papa che aveva voluto le ACLI, fu costituito al termine di quella assemblea e fu affidato alle cure spirituali di don Alessandro Fini. Negli anni seguenti, don Fini promuoverà la nascita di altri Circoli ACLI, a cominciare da quello di Urbino.
Altrettanto avviene a Pesaro: non a caso Ennio De Biagi, prima di impegnarsi nelle ACLI, ricopre in diocesi l’incarico di presidente della giunta di Azione Cattolica, alla quale aveva aderito fin dagli anni Venti, al tempo in cui era vescovo monsignor Luigi Porta.
Al fianco di De Biagi, negli anni della reale costruzione delle ACLI, si troveranno altri esponenti del mondo cattolico della provincia: Adolfo Cristiano di Fano, Lino Vitali di Urbino, padre Bigini, primo assistente provinciale, don Nicola Alegi, parroco di Candelara e tutta una serie di aclisti, molti dei quali diverranno poi componenti dei primi consigli provinciali: Giovanni Falghera, Alfio Tinti, Giuseppe Pitrè, Armando Fiscaletti, Valerio letto, don Achille Sanchioni, Mario Alegi e, a Urbino e nelle zone interne della provincia, oltre a Lino Vitali e don Alessandro Fini, il maestro Codignola, Egidio Mengacci e Umberto Selva.
L’iniziale debolezza organizzativa
La debolezza organizzativa sembra una delle note dominanti nella prima fase di vita delle ACLI pesaresi. Nel 1953, nella sua relazione al quarto congresso provinciale, Adolfo Cristiano afferma con orgoglio che sono state poste finalmente le basi “per una buona organizzazione”; infatti, aggiunge, “non è mistero per nessuno la continua crisi organizzativa degli organi provinciali dal 1946 ad oggi”. Cristiano individua il fattore di maggiore criticità nell’eccessivo ricambio di personale politico e organizzativo: “la sola segreteria provinciale in otto anni è stata retta da ben sette persone diverse, di qui la mancanza di un unico indirizzo organizzativo, che è l’elemento base per la vita di una organizzazione che debba e voglia affermarsi”. Ma probabilmente non si tratta solo di questo; certo pesa anche la scelta di Ennio De Biagi di lasciare la presidenza provinciale delle ACLI per impegnarsi prevalentemente nella Democrazia Cristiana; ma i problemi organizzativi toccavano anche altri aspetti della vita dell’Associazione, se è vero che agli inizi del 1949, quando il Patronato ACLI viene sfrattato dalla sua sede, è l’Unione provinciale dei Sindacati Liberi (in sostanza la CISL) che si offre di ospitarlo nei propri locali. Ancora nel 1953 Pesaro non ha una “sua” sede provinciale, “necessaria premessa ad una maggiore e migliore organizzazione di tutte le attività delle ACLI”, anche se al congresso di quell’anno il presidente Cristiano annuncia di aver posto le premesse per la risolutuzione di tale problema, avendo avanzato richiesta di “un cantiere, che attende l’approvazione del competente Ministero”.
Questi fattori di debolezza non trovano la loro giustificazione nel tesseramento. Come giustamente fa rilevare il presidente Cristiano nel 1953, infatti, il numero degli iscritti in pochi anni è notevolmente aumentato: i 3.128 iscritti fatti registrare dal tesseramento del 1950 sono cresciuti a 4.989 nel 1953; il fatto però che i Circoli
siano contemporaneamente passati dai 55 del 1950 ai 103 del 1953 fa pensare che molte strutture di base siano costituite da poche decine di soci e quindi inevitabilmente poco stabili ed incisive nelle realtà locali.
Alla base di tutto questo, secondo Cristiano, oltre a problemi di carattere economico, vi è un dato comune anche ad altre associazioni cattoliche: “la mancanza di quadri dirigenti lamentata in ogni organizzazione cattolica ha avuto i suoi riflessi anche sulla nostra organizzazione”.
A queste difficoltà si cerca di rispondere sia organizzando corsi di formazione per dirigenti delle strutture di base sia puntando su iniziative di carattere sociale e religioso. Centrale è la riflessione sulla dottrina sociale della Chiesa. In questo tipo di attività si distinguono i dirigenti provinciali e alcuni sacerdoti. Per favorire questo lavoro di formazione, fin dalla seconda metà degli anni Quaranta, con l’incoraggia mento degli assistenti centrali delle ACLI, don Alessandro Fini pubblica una sorta di catechismo sociale rivolto dichiaratamente ai lavoratori aclisti: si tratta dei Principi di sociologia secondo la dottrina cattolica, proposti allo studio dei laroratori soci delle ACLI.
Le principali attività
Anche a Pesaro le ACLI si caratterizzano per una costante azione di carattere formativo. Nonostante la scarsa documentazione finora reperita, l’impegno nella formazione appare per lunghi anni come prioritario. Dire formazione significa dire formazione per i formatori. Ecco allora i corsi per i sacerdoti e quelli per dirigenti e “attivisti”. Per i sacerdoti si organizzano “convegni diocesani del clero” o “tre giorni di studio”, ai quali vengono invitati anche relatori esterni: ai convegni diocesani del 1951 partecipa padre Aurelio Boschini, viceassistente nazionale; alcuni sacerdoti della provincia partecipano anche ai convegni nazionali degli assistenti ecclesiastici, tenutisi a Roma ed a Milano. Quanto ai laici, nel 1951 1 ben quaranta presidenti di Circolo della provincia sono presenti al convegno regionale di Loreto, mentre nel 1953 viene organizzata una grande assemblea di tutti i responsabili delle strutture di base. I dirigenti provinciali partecipano nell’agosto 1951 al corso interregionale di Rimini e nell’ottobre 1952 al convegno nazionale di Bologna. E ancora: il “Corso per attivisti” tenutosi nel settembre 1952, viene ripetuto nel marzo 1953.
Fra le tante iniziative promosse nella prima fase di attività, si ha notizia di convegni organizzati a Fano, Montemaggiore e Mondavio, di molte “tre sere” e di varie settimane sociali: a Fossombrone, San Leo, Pennabilli, Macerata Feltria, Urbino e Cagli. La “tre giorni” voluta nel 1953 dall’arcivescovo di Urbino viene introdotta da sacerdoti e dirigenti delle ACLI di Milano. L’anno precedente alcuni lavoratori delle più importanti fabbriche di Pesaro e Fano avevano partecipato al “Ferragosto cristiano” di Assisi, mentre a livello provinciale si organizza la `’festa della montagna”.
Fra i principali settori di intervento vi è l’agricoltura, anche perché fra gli iscritti i lavoratori agricoli superano costantemente il 50 per cento. Le ACLI Terra non prestano soltanto generica assistenza ai contadini, ma ne tutelano gli interessi partecipando anche all’attività delle varie commissioni di categoria: il delegato ACLI Terra fa infatti parte “della commissione speciale per le vertenze agrarie presso il tribunale di Pesaro, della commissione dell’ammasso del grano e della commissione per l’accertamento dei valori medi delle prestazioni presso la Camera di Commercio”. A sua volta la segreteria provinciale non si limita a seguire l’applicazione del Lodo De Gasperi e della “tregua mezzadrile”, ma fornisce anche assistenza per controversie fra mezzadri e proprietari e per le revisioni dei conti colonici.
Infine, rilevante l’attività svolta dal settore femminile. Anche a Pesaro le donne iscritte al Movimento si riuniscono in periodici incontri, eleggono una loro delegata provinciale, promuovono la festa delle lavoratrici e organizzano specifici momenti formativi, partecipando anche alle iniziative promosse dalle ACLI a livello regionale.
Il gruppo più attivo è quello delle domestiche. Secondo Adolfo Cristiano l’attività delle collaboratrici familiari riceve impulso dal fatto che, per iniziativa delle ACLI, viene loro riconosciuta l’assistenza in caso di malattia; sta di fatto che nei primi anni Cinquanta si formano alcuni gruppi di domestiche, che si costituiscono a livello provinciale in ACLI Colf. I due gruppi più attivi sono quelli di Pesaro e di Fano che periodicamente si incontrano: “le visite scambievoli” realizzate dai gruppi delle collaboratrici familiari dovrebbero essere prese ad esempio, secondo il presidente Cristiano, anche dai Circoli, perché “così si alimenta quella solidarietà tanto necessaria nei lavoratori”, elemento essenziale “per la riuscita della comune battaglia”, quella che Cristiano nella sua relazione indica come “la promozione della classe lavoratrice”.
I servizi
Il “servizio prediletto, come figlio primogenito delle ACLI” – per riprendere una espressione contenuta nella relazione congressuale del 1953 – è il Patronato. In effetti il Patronato è il primo dei servizi promossi dalle ACLI per fornire assistenza e tutela ai lavoratori. A Pesaro il primo direttore è Bruno Conti. La sede provinciale del Patronato, oltre ai problemi connessi allo sfratto al quale si è già fatto cenno, nella fase iniziale deve far fronte anche alle scarse risorse; nei primi anni Cinquanta, la Giornata dell’assistenza sociale che in tutte le parrocchie si celebra a vantaggio del Patronato ACLI non viene sostenuta adeguatamente dai dirigenti di base ed anche la “Grande lotteria” organizzata dalla sede provinciale non ha l’esito sperato.
Oltre che sulla sede provinciale, il Patronato si regge sui segretariati del popolo costituiti nei Circoli e retti dalla figura dell’addetto sociale, un volontario che fa da raccordo con il Patronato provinciale; nel 1953 sono cinquanta i Circoli dotati di un segretariato del popolo; per meglio qualificare gli addetti sociali si organizzano appositi corsi di preparazione. Almeno a giudicare dalla relazione congressuale, i segretariati del popolo ben funzionanti
sono soltanto una decina, ma, nonostante ciò il numero delle pratiche svolte dalla sede provinciale è alto. Le pratiche vengono generalmente seguite presso gli uffici amministrativi, ma il Patronato è dotato anche di un servizio legale, che si occupa delle pratiche per le quali è necessario ricorrere alla Magistratura; i più numerosi sono i ricorsi alla Corte dei Conti, che però vengono seguiti dai consulenti legali della sede centrale.
Un lavoro per molti versi analogo a quello del Patronato svolge, come si è detto, il settore delle ACLI Terra che non si limita a fare azione di assistenza e di tutela, ma fra i contadini promuove anche attività di formazione e di qualificazione professionale.
In collaborazione con gli organismi tecnici dell’Ispettorato agrario, le ACLI Terra provinciali organizzano corsi di formazione a Santa Maria dell’Arzilla e a Monte Porzio; non riescono, però, a dar vita a una solida e capillare presenza nel settore della cooperazione agraria. Viene fondata una cooperativa di consumo a Gabicce Monte, viene gestita dalle ACLI la mensa per lavoratori al porto di Pesaro e si dà vita anche a una cooperativa fra i coloni che hanno avuto in assegnazione le terre di una tenuta a Montemaggiore, ma le vere e proprie cooperative agrarie stentano a decollare: pesa l’esperienza negativa della cooperativa “L’Agricola”, fallita già prima del 1950 e dalla quale deriva alla presidenza Cristiano una forte “diminuzione delle entrate”, poiché alcune somme ingenti vengono destinate “a coprire il prezzo del non certo riuscito esperimento”.
Infine le ACLI promuovono la costituzione di un Ente di formazione professionale, l’ENAIP. Nella fase iniziale si organizzano corsi di istruzione per adulti e scuole popolari; poi si entra in modo più specifico nel settore dell’addestramento professionale; dopo il primo corso avviato nel 1951, nel 1952 si costituisce l’ENAIP, che in quello stesso anno, oltre a gestire due cantieri di lavoro, riesce a organizzare 53 corsi di formazione. Alcuni di questi corsi si svolgono a Pergola, San Lorenzo in Campo, Fano, Colombarone, Piobbico e Acqualagna, mentre a Pesaro si tengono sedici corsi di preparazione per il personale delle Ferrovie dello Stato, ai quali partecipano 400 aspiranti ferrovieri. Nel 1953 si promuove anche un corso per tessitrici in collaborazione con la Ditta Artes.
Anche qualificando professionalmente i lavoratori le ACLI si sforzano di offrire un contributo alla ripresa economica in una provincia che agli occhi del presidente Cristiano appare ancora “una provincia depressa”.
La fase del consolidamento
Dopo un nuovo mandato di Adolfo Cristiano, nel 1955 viene chiamato a presiedere le ACLI pesaresi Giocondo Luccardini di Montelabbate che lascia la carica nel 1959; in quell’anno contrasti interni di carattere politico spingono la sede nazionale a commissariare la provincia di Pesaro: in qualità di commissario viene inviato Elio Cerioni, già presidente provinciale di Ancona e negli anni precedenti anche presidente regionale delle ACLI.
Dal novembre 1961, tornati al normale funzionamento degli organi democraticamente eletti, inizia la lunga presidenza del pesarese Giovanni Falghera che, salvo la parentesi del triennio 1964-1966 nel quale viene eletto Osvaldo Scavolini, guida le ACLI della provincia fino al 1972.
Gli anni Sessanta sono anni di consolidamento a tutti i livelli. Il consolidamento si manifesta innanzitutto a livello di tesseramento, nonostante le forti oscillazioni che, come in altre province delle Marche, caratterizzano anche i dati relativi alla provincia di Pesaro: a metà degli anni Sessanta si superano i 6.500 iscritti ma negli anni precedenti si era toccata anche la quota dei settemila. Se si guarda alla distribuzione in base all’attività lavorativa, colpisce l’alta percentuale di addetti all’agricoltura, la più alta della regione; fra i soci degli oltre cento Circoli gli addetti all’agricoltura sono 4.104, pari al 62,8 per cento del totale degli iscritti; gli operai sono 912, pari al 13,9 per cento, mentre le altre tre province superano il 20 per cento; gli impiegati sono 81 (1,2 per cento); artigiani, commercianti e liberi professionisti sono 1.095, pari al 16,8 per cento; infine, le altre categorie, comprendenti pensionati, casalinghe e collaboratrici familiari, superano le quattrocento unità, toccando il 5,3 per cento.
Con il contributo di Otello Cecchi, direttore dal 1956 al 1966, si consolida anche il Patronato, benché ormai incominci a farsi sentire la concorrenza dei maggiori Patronati sindacali: l’INCA della CGIL e l’INAS della CISL. Dal 1966 fino al Duemila il Patronato ACLI opera sotto la direzione di Antonio Romanelli, trasferitosi a Pesaro dalla sede di Pescara.
Il consolidamento maggiore, però, lo vive l’ENAIP. Si costituiscono tre centri permanenti: uno a Pergola, uno a Fossombrone e il terzo prima a Cagli e poi ad Acqualagna. Il centro più consistente è quello di Pergola, dove si svolgevano corsi di addestramento professionale nel settore industriale e nel terziario.
Gli anni delle scissioni
Dopo il pluralismo partitico sancito dal Congresso di Torino nel 1969 e soprattutto dopo l’ipotesi socialista discussa nel 1970 al convegno estivo di Vallombrosa e i successivi duri interventi della Conferenza Episcopale Italiana, per le ACLI di Pesaro si apre la stagione più difficile.
Pur essendo la presidenza provinciale schierata contro la “scelta socialista” e a sostegno della minoranza che a livello nazionale fa capo a Vittorio Pozzar, il confronto interno si fa aspro; non mancavano anche a Pesaro esponenti del vasto raggruppamento che a livello nazionale aveva appoggiato le scelte di Labor prima e di Gabaglio poi; basti pensare al gruppo di giovani che a livello provinciale coordina Gioventù Aclista e che pubblica un bollettino interno non a caso intitolato “L’altra parte”. La maggioranza, però, rimane sempre ben salda nelle mani dei dirigenti schierati con la Democrazia Cristiana. Se si giunge alla scissione è perché, come suggerisce Antonio Di Stefano, si hanno divisioni “all’interno delle correnti democristiane”, fra coloro che puntano a sostenere la minoranza di Pozzar e chi, invece, ritiene che la rottura sia ormai inevitabile.
A1 congresso provinciale del 1972 viene eletto Ivo Amaduzzi di Fano, già vicepresidente nell’ultimo mandato di Falghera e noto esponente della Democrazia Cristiana locale, anzi, come aveva egli stesso affermato nel congresso del 1969, “militante della DC da 25 anni”. Ma, nonostante l’elezione di Amaduzzi, la scissione è ormai decisa e porta alla nascita, anche a Pesaro, delle “Libere ACLI”.
A differenza che nelle altre province marchigiane, a Pesaro le scissioni che si verificano dopo il 1971 coinvolgono varie strutture di base. Le “Libere ACLI” poi confluiscono nel Movimento Cristiano Lavoratori che riesce a darsi una struttura organizzativa stabile; mentre nelle altre province i Circoli che avevano appoggiato la scissione pian piano chiudono o ritornano ad aderire alle ACLI, a Pesaro il Movimento Cristiano Lavoratori si collega con il gruppo degli scissionisti dell’Emilia Romagna, che, guidati dal senatore Giovanni Bersani, costituiscono uno dei nuclei più forti del Movimento Cristiano Lavoratori a livello nazionale. Riesce così a mettere radici ed a reggere anche nei decenni successivi, quando gli spazi di azione si restringono per la ripresa che si realizza nelle ACLI a livello sia nazionale che locale.
La ripresa
A metà del suo mandato, Ivo Amaduzzi lascia la presidenza; viene sostituito dal vicepresidente Oberdan Stroppa, che, eletto al successivo congresso del 1975, mantiene la carica fino al 1978. E’ dunque sotto la presidenza Stroppa che faticosamente le ACLI di Pesaro incominciano a uscire dalle difficoltà attraversate nei primi anni Settanta. Un valido aiuto al superamento di quelle difficoltà viene dal vescovo di Fano, monsignor Costanzo Micci, e da quello di Pesaro, monsignor Gaetano Michetti, che non hanno mai fatto mancare alle ACLI il loro sostegno.
Avviatasi lentamente a partire dalla metà degli anni Settanta, la ripresa si manifesta innanzitutto nell’attivismo di alcuni servizi.
Nel 1974 inizia ad operare a Pesaro il Centro educativo ENAIP, una scuola professionale sostenuta anche dalla diocesi e rivolta ai giovani con handicap psico-fisici. Presso il Centro di formazione professionale di Pergola, invece, accanto ai tradizionali corsi nel settore industriale e nel terziario, si aprono corsi nel settore sociale e nel terziario avanzato. La ripresa è poi evidente anche in termini di tesseramento: già a metà degli anni Settanta si contano 95 Circoli, per un totale di quasi seimila iscritti. Infine la ripresa è ben visibile anche a livello culturale e sociale. L’iniziativa di maggior rilievo è il convegno su “Fede e politica”, svoltosi il 29 febbraio 1976 a Pesaro, con la partecipazione del vicepresidente nazionale Domenico Rosati. All’ampia relazione di Rosati si aggiunge, nel pomeriggio, una tavola rotonda alla quale partecipano, oltre a Rosati, anche Luigi Macario della CISL, don Giuseppe Ruggeri, docente di teologia a Catania, e Piergiorgio Grassi, docente di sociologia della religione a Urbino.
Al congresso del 1978 viene eletto presidente Giorgio Cerisoli, che viene poi confermato nei successivi congressi del 1981 e del 1984. Durante la sua presidenza, si organizzano momenti culturali di una certa importanza, come il convegno sulla Rerum novarum del 1981, ma tutto sommato non si hanno iniziative di grande rilievo o almeno così appare dalla scarsa documentazione di quegli anni. I servizi continuano a svolgere la loro funzione, ma sia il numero dei Circoli che quello degli iscritti lentamente si riduce.
La fase più recente
La fase più recente nella storia delle ACLI pesaresi si apre nel novembre 1987 con la presidenza di Gastone Mosci, che, forte della sua esperienza di uomo di cultura, punta con decisione su un rilancio della presenza culturale delle ACLI. Nel calendario delle iniziative promosse dalle ACLI a partire da quegli anni entrano con regolarità due appuntamenti: il “Mese della pace” a gennaio e la “Festa Acli” di agósto; si tratta di un insieme di manifestazioni culturali, sociali, artistiche e ricreative che si svolgono presso il Circolo ACLI – Centro Universitario di Urbino; restano invece le difficoltà a realizzare una presenza costante e significativa nella città di Pesaro, dove i due Circoli più vivaci erano passati al Movimento Cristiano Lavoratori.
Il 12 novembre 1991 il Consiglio provinciale uscito dal Congresso del 26-27 ottobre elegge Franco Marini, esponente delle ACLI di Piobbico. La relazione organizzativa che Marini presenta l’anno seguente fotografa la realtà del Movimento: nel 1992 aderiscono alle ACLI 63 Circoli (dei quali due a carattere culturale e uno associato all’ENARS, l’Ente Nazionale Ricreativo e Sociale delle ACLI); gli iscritti alle ACLI sono 5.030; ad essi vanno aggiunti i 150 soci dell’ENARS e gli 826 dell’Unione Sportiva ACLI. Intanto al Patronato si è aggiunto il Centro di Assistenza Fiscale.
Il ruolo culturale, sul quale tanto aveva puntato la presidenza precedente, viene ribadito con i quattro convegni di studio che dal 1992 al 1995 le ACLI nazionali organizzano a Urbino, con la collaborazione di Gastone Mosci, don Italo Mancini e Sergio Pretelli, animatori del Circolo ACLI – Centro Universitario. Sono convegni dedicati a una riflessione sul nesso tra spiritualità e politica; vi partecipa un gran numero di dirigenti nazionali delle ACLI, ma l’iniziativa indubbiamente accresce il prestigio delle ACLI provinciali. Altrettanto avviene nel settore sportivo con i Campionati nazionali dell’Unione Sportiva ACLI che, a partire dalla metà degli anni Novanta, si svolgono ogni anno, in primavera, a Fano.
Fra le novità di questi ultimi anni, altre due meritano di essere segnalate; la prima è la costituzione dell’Associazione Musicale Arte e Cultura “Appennino”, con sede a Piobbico, aderente all’UNASP; la seconda è la nascita dell’IPSIA, cioè della sede pesarese dell’Istituto Pace e Sviluppo delle ACLI. Nato nel 1992, quando un gruppo di giovani partecipa all’iniziativa “Un sorriso per la Bosnia”, promossa dalle ACLI nazionali, l’IPSIA, oltre a impegnarsi in attività di animazione nei campi profughi dei Balcani, svolge per vari anni anche un importante lavoro di educazione alla pace, rivolto prevalentemente a bambini e adolescenti delle scuole della provincia di Pesaro.
Con le presidenze di Franco Marini, di Giuseppe Franzè e, più di recente, di Gilberto Ciaramicoli si giunge agli inizi del Duemila. Gli iscritti sono tornati sopra quota seimila; continua l’impegno formativo che aveva caratterizzato le ACLI fin dalle loro origini; così pure risultano numerose le iniziative di solidarietà sociale, promosse da vari Circoli. Ma a livello di visibilità esterna, una appare la novità più rilevante degli ultimi anni: ai campionati nazionali dell’Unione Sportiva, trasferiti da Fano a Pesaro, si è aggiunta la Festa della Pace.
Fonti e bibliografia
Fonti
Presso l’Archivio delle ACLI provinciali di Pesaro si conservano soltanto alcune delle relazioni presentate dai vari presidenti ai congressi provinciali dell’Associazione; la serie si fa completa dopo gli anni Settanta. Molte notizie sono riportate nel settimanale interdiocesano “II nuovo amico”.
Bibliografia
- De Biagi, Ennio de Biagi, Profilo di un uomo, Pesaro, Nobili, 1990.
- M. Della Fornace, La questione mezzadrile nel Pesarese, in Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione nelle Marche, Le Marche nel secondo dopoguerra. Cultura, politica, economia e società, Ancona, Il lavoro editoriale, 1986, pp. 68-83
- Di Stefano e V. Ietto, a cura, Le ACLI nella provincia di Pesaro e Urbino, Pesaro 2003.
- Fini, Principi di sociologia secondo la dottrina cattolica proposti allo studio dei lavoratori soci delle ACLI, Urbania 1946.
- Lodovici, Lotte sociali e sindacato nel dopoguerra, in A. Bianchini e G. Pedrocco, a cura, Dal tramonto all’alba. La provincia di Pesaro e Urbino tra fascismo, guerra e ricostruzione, Bologna, CLUEB, 1995.
- Preziosi, La nascita del `partito italiano” in un feudo rosso: la DC nel Pesarese, in P. Giovannini, B. Montesi e M. Papini, a cura, Le Marche dalla ricostruzione alla transizione, 1944-1960, Ancona, Il lavoro editoriale, 1999, pp. 124-158.
- Preziosi, Tra competizione e autonomia. Il radicamento della CISL nella provincia di Pesaro, Roma, Edizioni Lavoro, 2000.
- Principi, La Chiesa a Fano negli anni Cinquanta, in “Nuovi studi fanesi”, n. 8, 1993, pp. 77-94.
- Principi, La riconquista cristiana della società. La diocesi di Pesaro negli anni Cinquanta, in P. Giovannini, B. Montesi e M. Papini, a Cura, Le Marche dalla ricostruzione alla transizione, cit., pp. 429-450.
- Circolo ACLI di Candelara, Storia del Circolo ACLI di Candelara, Pesaro 2002.
da: Le A.C.L.I. nella provincia di Pesaro e Urbino, a cura di A. Di Stefano e V. Ietto, Pesaro e Urbino 2003
È proprio il settore del tempo libero, inteso come possibilità di socializzazione all’interno della comunità parrocchiale, ma aperto a tutti gli abitanti del quartiere, o del paese, che le ACLI si sono sviluppate in modo progressivo e diffuso nella Provincia di Pesaro e Urbino.
II circolo ACLI in molte località è sinonimo di trascorrere qualche ora insieme, ma con la possibilità non solo di giocare e divertirsi, ma di conversare su vari argomenti anche seri, specialmente se si incontra il parroco, il maestro del paese, il giovane universitario, il pensionato desideroso di essere ascoltato da qualcuno. Naturalmente anche il settore formativo è sempre stato la prima preoccupazione delle ACLI provinciali e dei singoli circoli, così pure quello delle scuole o dei corsi professionali, quello dell’Assistenza e dei servizi sociali. (rif. pagina 174)